8 DOMANDE PER RISULTATI SPAZIALI : IL ROCKET MODEL

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Articolo scritto da Fatima Carbonara - 12.09.2019

Schema illustrato del Rocket Model
Spesso il mio lavoro mi dà la possibilità di incontrare persone interessanti e devo dire che l’occasione presentata da Blu Peak Consulting a metà luglio è stata una di quelle.
Al di là del caldo cittadino, una location deliziosa che mio padre ha citato spesso nei suoi ricordi di ragazzo sui primi Appennini vicino a Reggio Emilia (solo che lui se la faceva in bicicletta nei primi anni ’50!) ed argomenti davvero interessanti presentati da una persona stupenda come Paola Mosca.
Tra i tanti temi trattati sono rimasta affascinata dal così detto Rocket Model, che sostanzialmente studia come migliorare le performance in una squadra di lavoro analizzando le diverse situazioni che si possono presentare normalmente.

Approccio metodologico: le 8 domande 

Il metodo si basa su otto domande che possono far emergere dinamiche delicate tra le persone del team. 
La prima riguarda proprio il contesto nel quale lavoriamo: partire con la stessa visione del progetto ed adoperare lo stesso “codice” linguistico aiuta sicuramente a comunicare meglio, quando si parte da presupposti diversi o si usano linguaggi troppo tecnici (di un settore o di un altro, non fa differenza) spesso si rischia di creare aspettative diverse e, soprattutto, fraintendimenti. 
Poi si passa al motivo, meglio, alla “motivazione” che unisce la squadra: condividere gli stessi obiettivi e come raggiungerli, in quale modo ed in quanto tempo sicuramente è un ottimo collante per iniziare bene. E chi ben comincia, si sa, “è a metà dell’opera”.
Interessante è capire se abbiamo trovato nelle persone componenti la nostra squadra le reali capacità ed esperienze che servono al raggiungimento di quegli obiettivi. 
Stabilire delle regole condivise è un punto importante perché consente a tutti di avere una visione chiara dei così detti “paletti” da rispettare durante le varie attività, che possono essere sia dei singoli ruoli sia delle aree di competenza di ciascuno, come anche le modalità con le quali si agisce. 

Il quinto punto è uno dei miei preferiti: sono dell’idea che “uno più uno fa tre” (e non due come potrebbe sembrare) non solo perché ho amato i moschettieri di Dumas, ma perché ritengo davvero che l’unione faccia la forza e la consapevolezza di poter contare gli uni sugli altri rafforza le energie e la spinta. 
Un punto decisivo è capire le risorse, tangibili ed intangibili, che servono davvero alla squadra: dagli uffici alla tecnologia, dal budget disponibile al supporto delle istituzioni, sono tutti pezzi del puzzle che possono fare la differenza sia se sottostimati che in caso contrario (mai capitato? A me no, purtroppo). 

Si arriva poi ad affrontare il tema dei conflitti: è normale che ci siano, ma la vera forza sta nel saperli gestire, quindi in primis ammettere che esistono e poi “gestendoli”. Ogni membro del team deve avere il coraggio di parlare sinceramente cercando l’armonia coi propri colleghi. Qualunque emozione cresce piccola: il “tralasciarla” o l’ignorarla sperando che passi di solito non funziona bene. 

Infine, non certo per importanza, la domanda cruciale: siamo capaci di tenere monitorati gli obiettivi durante il percorso per capire cosa ci manca per arrivare bene fino in fondo? Nel lavoro sappiamo che i numeri in assoluto difficilmente sono comprensibili: diventano molto più interessanti quando sono accanto ad altri numeri che diventano dei parametri di riferimento per la riuscita del nostro progetto. Monitorare continuamente questi parametri aiuta tutti a lavorare meglio, anche perché si vede più vicina la meta!

Perché applicare questo metodo 

Durante gli anni è capitato di dovermi misurare in tanti tipi di situazione e so bene che molto dipende proprio dalla gestione degli stati d’animo in quei frangenti: è difficile dire ad un collega che non si approva il suo metodo, ma è importante comunicare. 
Come è importante capire e chiedere le risorse necessarie, senza le quali è più che certo che l’obiettivo rimarrà fuori portata.
Questo metodo, basato su otto semplici domande, consente di avere una visione degli obiettivi e della squadra molto più limpida e dunque molto più efficace di altri che già conoscevo. 

Fatima Carbonara

Foto di Fatima Carbonara, Digital CFO per PMI
Donna di lettere prestata ai numeri. La curiosità è la mia più grande caratteristica. Faccio quadrare la partita doppia col cervello, ma spinta dal cuore e mi rilasso con un buon bicchiere di vino rosso. Amo lavorare per le persone con le persone innovando i processi nell'amministrazione (ma non solo)
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