LA PERFORMANCE SOSTENIBILE – INTERVISTA A NICOLA MONTANARI, CEO NIMAX SPA

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Articolo scritto da Elisabetta Bracci - 25.08.2018

Foto di Nicola Montanari ed Elisabetta Bracci all'interno dell'azienda Nimax.
“Vedi Elisabetta, quando in azienda manca un leader, tutto si riduce a mera gestione e il management traduce in forma scientifica qualcosa che dovrebbe invece essere presente nel substrato aziendale. Manca una missione.”
Con queste parole si conclude uno dei tanti dialoghi con Nicola. E come dargli torto.
Nicola Montanari, ingegnere, imprenditore, leader, dal 2009 è CEO di Nimax, azienda con quattro sedi in Italia, posizionata tra i top player di mercato nel settore codifica, marcatura e labeling.  E’ sempre interessante confrontarsi con Nicola, apprezzare la sua generosità nel condividere esperienze e punti di vista, ragionare con lui alla ricerca di nuove sfaccettature del quotidiano che possano ampliare gli orizzonti del pensiero.

Come ti approcci alla performance in azienda?
Prima di parlare di performance bisogna inseguire altre priorità, che si traducono in due parole chiave: #flusso e #consapevolezza. Bisogna fare in modo che i flussi di lavoro in azienda siano chiari e comprensibili per tutti. L’ottimo avviene quando ognuno ha la consapevolezza del suo ruolo e peso all’interno del flusso. Se rallento o accelero il mio lavoro, cosa sto rallentando? Su cosa andrò ad influire a cascata?
Visualizzare i flussi è un lavoro tanto difficile quanto utile, io stessa lo faccio presso i miei clienti e a volte noto atteggiamenti di forte chiusura o di confusione sui ruoli.
Esatto, perché sono necessari team interfunzionali e soprattutto una forte sponsorship dall’alto: serve il tempo e il giusto approccio per intervistare le persone e metterle a confronto. Le persone devono sentirsi libere di esprimersi. È la conoscenza diffusa che porta efficienza tramite l’ottimizzazione: una volta che tutti riescono a leggere il flusso, allora possono essere attori del suo miglioramento.

Quando il flusso è ottimizzato e le persone sono consapevoli dei loro ruoli, come stimoli la loro performance?
Il primo passo è quello di evitare ogni forma di competizione tra reparti. Voglio evitare l’ottimo locale, che spesso va invece a discapito dell’ottimo globale. Per farlo, il leader dell’azienda deve essere il primo ad abbandonare il timore che i propri collaboratori possano essere migliori di lui. Se la gelosia della bravura parte dal vertice è la fine: schiaccerà i talenti facendoli andare via. I talenti invece vanno fatti volare alto in azienda, col desiderio di vedere l’ottimo negli altri. Voglio che siano i miei collaboratori a dirmi cosa va fatto nel loro settore, ecco perché mi attornio di persone che stimo e reputo altamente capaci.

Una volta mi hai detto che ti senti un “rettificatore”, me lo puoi spiegare meglio?
Certamente. Non investendo il mio tempo nel quotidiano delle attività microframmentate, poiché i miei collaboratori svolgono al meglio il loro lavoro, mi ritrovo ad essere un “rettificatore di percorso”, portando avanti la visione aziendale. Quindi riesco magari a far sedere attorno al tavolo persone che hanno contrasti momentanei per far comprendere a loro che ho bisogno di entrambi e sbloccare i nodi. Si diventa facilitatori.

Prima di essere imprenditore eri un manager. Non produrre più qualcosa di tangibile ogni giorno, ma essere un rettificatore, ti ha destabilizzato?
All’inizio mi è sembrato strano, quasi come se lavorassi meno. Accettare di fare meno per fare meglio, in certi ruoli, è veramente dura, ma se lo fai ti avvicini ad ottenere davvero una migliore performance.

Ritorniamo quindi alla performance. Qual è il tuo concetto di eccellenza?
Per spiegartelo ti faccio un esempio: in Nimax abbiamo ancora tanto potenziale e mi piace tantissimo pensarlo. Io non sono un inseguitore della performance eccelsa a tutti i costi, ma un inseguitore della performance sostenibile. Se l’azienda fosse totalmente ottimizzata, già tesa al massimo delle sue possibilità, saremmo continuamente in affanno o in sovrannumero di risorse.
La performance va divisa in quella a breve termine ed a lungo termine. Prendiamo ad esempio il montaggio di un macchinario presso un nostro cliente. In determinate situazioni, come quelle legate a tempi strettissimi dettati dal cliente, noi eleviamo la nostra performance stressandola al massimo e comprimendo i tempi di montaggio anche del 20%. Questo comporta uno sforzo e un costo, per noi e per il cliente. Riusciamo a farlo perché abbiamo una riserva di performance.
Se invece volessimo permanentemente aumentare questa performance anche solo del 2% per il gusto di migliorarla, senza una reale richiesta del mercato, questo comporterebbe un dispendio di energie ed un costo molto elevato, per cui il cliente non sarebbe disposto a riconoscere un valore e quindi un maggior costo.
Quello della performance è un settaggio continuo, che mi permette a migliorare a piccoli passi e far desiderare anche ai miei collaboratori il miglioramento.

L’aumento di performance può avvenire solo grazie ad un cambiamento. Come reagiscono i tuoi collaboratori?
Sono ormai 9 anni che siamo in regime di cambiamento continuo. Il cambiamento è un processo difficile per la maggior parte delle persone, si rischia di avere interlocutori che accampano scuse perché si sentono affaticati dalle novità. Ecco perché secondo me è importantissimo favorire il #riposo al di fuori del lavoro. In Nimax gli straordinari si fanno solo se c’è reale bisogno, altrimenti sono felice di sapere che le persone sono a casa propria, a godere degli affetti ed a ricaricare le proprie energie.
Un altro punto focale per me è la #delega, che dà alle persone un perimetro all’interno del quale vi è libertà di azione. Dico spesso che ho l’approccio del contadino, che pianta il seme e ha la pazienza di voler vedere crescere la pianta. Quando sai che vuoi creare una cosa di valore, devi concederti tempo. Ad esempio ad alcuni commerciali che hanno creato business in territori difficili, mi è capitato di dare fino a 2 anni di tempo. Se lo pressassi, approccerebbe il cliente con quella tensione che lo porterebbe a non chiudere i contratti e a dare un’immagine falsata dell’azienda. Io do subito la fiducia, sono gli altri che devono fare in modo di non perderla.

Ultima domanda: Nicola come auto-valuta la performance di Nicola?
Ho tirato al massimo per vent’anni, ho chiesto al mio corpo e alla mia mente grossi sacrifici. Adesso applico a me stesso quello che applico in azienda, mi concedo tempo e riserve di energia che mi permettono di migliorare la visione aziendale e di dedicarmi a trovare le migliori opportunità per l’azienda.

Elisabetta Bracci

Foto di Elisabetta Bracci, Founder di JUMP Facility.
Lettrice seriale appassionata di filosofia del digitale e nuove tecnologie. Mi piace rendere smart i servizi e gli edifici, creando contaminazioni tra mondo fisico e digitale. Lavoro su idee innovative in giro per l'Italia e le condivido a convegni ed eventi, perché progettare e raccontare un futuro human-centered con gli attori della trasformazione digitale è il primo passo per crearlo.
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