ARCHITETTURA SMART PER EDIFICI SMART

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Articolo scritto da Elisabetta Bracci - 20.10.2018

Foto di Paola Gabrielli che ride.
Intervista a Paola Gabrielli, Partner e Consigliere di Politecnica.
Le parole chiave di Paola sono #integrazione #BIM #guardarealfuturo.

Ho avuto il piacere di collaborare più volte con Paola Gabrielli, architetto che collabora con Politecnica da quasi vent’anni e ad oggi membro del consiglio d’amministrazione.
Negli anni Paola ha coordinato sia in Italia che all’estero progetti ad alta complessità e grado di integrazione.
In attesa di averla come relatrice al convegno sugli Human Centered Spaces che si terrà ad Illuminotronica il prossimo 29 Novembre, abbiamo fatto una chiacchierata su alcune tematiche a noi care.

Questa intervista fa parte di un articolo scritto a quattro mani con Andrea Ballocchi. Se vuoi leggere la versione integrale vai a questo LINK.

Bene Paola, iniziamo la nostra chiacchierata: come decidete su quali progetti applicare la metodologia di Building Information Modeling?
In Politecnica il Building Information Modeling è diventato il modo di progettare in maniera integrata e tutti stanno lavorando in BIM. Ovviamente i progetti già avviati prima dell’implementazione della Piattaforma BIM li stiamo completando con l’uso dei software tradizionali, ma ogni nuovo progetto inizia in BIM. Tra nuovi progetti integrati e progetti di carattere specialistico abbiamo superato i 50 progetti. Se guardiamo al passato, sta accadendo quello che avvenne tanti anni fa passando dal tecnigrafo con carta e penna e chi usava un software per l’edilizia. All’epoca decidemmo di abbandonare carta e penna in favore di Autocad, oggi avviene lo stesso per la metodologia BIM.

Voi applicate ad ogni progetto un approccio pluri-disciplinare. Solitamente chi apre le danze?
Abbiamo standard consolidati di collaborazione interna: in teoria dovrebbero partire a lavorare prima gli architetti, perché nell’architettura c’è l’idea e l’evocazione degli spazi che racconteremo al cliente. Ad oggi però gli architetti non possono più lavorare da soli, perché l’edificio deve essere visto come un unico organismo complesso e completo. Partiamo quindi insieme, nel senso che siamo tutti in un unico edificio e quindi io posso interagire in modo veloce con l’ingegnere meccanico al mio fianco, con chi si occupa di ambiente o con lo strutturista. Comprendere tutte le discipline e lavorare con tutte le risorse interne all’azienda ci dà una grande forza sia commerciale che qualitativa.

Qual è la più grande differenza operativa tra il vecchio modo di lavorare e il BIM?
La piattaforma BIM chiede di inserire più informazioni fin dall’inizio. Alle volte non è detto che il progettista sia in possesso di tutti i dati già all’inizio del progetto. Ecco perché stiamo creando librerie di standard, per facilitare lo start up dei lavori. Più sono veritieri i dati, più la modellazione sarà realistica e completa fin da subito, in primis le valutazione energetiche e l’impatto sul budget.

Quali sono le informazioni principali che condividi con il cliente affinché siano utili per attivare il lavoro di modellazione?
Sicuramente uno degli aspetti più importanti riguarda le attese di prestazione energetica  dell’edifico o la volontà di un riconoscimento specifico di sostenibilità ambientale (LEED ad esempio). Ultimamente, specie in progetti di grandi dimensioni si attiva sin da subito un dialogo sui temi delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Il tema del tempo (4D e 5D) entra sempre di più nel nostro modo di progettare e dipende fortemente dal cliente. Clienti più piccoli e con strutture più modeste di facility management, nel momento che decidono di iniziare a costruire, non sono focalizzati più di tanto sulle manutenzioni straordinarie: Possiamo allora essere noi progettisti a guidarli nelle scelte, anche solo spiegando loro dopo quanti anni dovrà rifare la facciata. Mentre se parliamo con una multinazionale, le scelte e gli investimenti economici sono già orientati verso la frequenza di manutenzioni ordinarie e straordinarie e si legano sempre di più al futuro contratto con i manutentori.

Che valore aggiunto percepisce il cliente a fronte di una modellazione in BIM rispetto ad una progettazione “tradizionale”?
Il BIM è una metodologia complessa e ancora non molto conosciuta che solo il cliente più “evoluto” richiede. Tutti i committenti, comunque, trovandosi davanti ad un modello tridimensionale all’interno del quale possono già navigare, ne apprezzano le potenzialità. Amano visitare in anticipo il loro edificio. La percezione di quello che puoi ottenere e l’esperienza, fanno la differenza.



A proposito d’integrazione tra generazioni differenti: come si approccia al passaggio generazionale in parallelo al passaggio tecnologico?
Diciamo che il passaggio della conoscenza tecnica da una generazione all’altra lo sto comprendendo a fondo adesso, ora che facciamo crescere nella nostra azienda alcuni giovani neolaureati. Spesso sono preparatissimi sulla piattaforma digitale, mentre manca loro la parte di “centralità” che si può dare al progetto solo se si ha il dominio dello strumento e la forza dell’esperienza acquisite nel tempo. Questo passaggio della conoscenza si fa meglio guardandosi negli occhi e parlando insieme: questa è la forza del nostro lavoro, condividere l’esperienza.

Un’altra sfaccettatura dell’integrazione nel tuo lavoro è quella tra tecnologia e abitabilità. Come integrare tecnologia e calore per creare spazi umano-centrici?
Grazie Elisabetta, questa è sicuramente la domanda più bella perché è la nostra sfida per il futuro. dal mio punto di vista, gli aspetti della tecnologia dentro l’edificio hanno ancora molta freddezza. La grande sfida è la fusione degli apparati nell’edificio nei vari esiti estetici e quindi creativi, perché sempre di più abbiamo necessità di ridare quell’aspetto simbolico, di calore, legato ad alcuni scenari della tradizione, al calore umano che vogliamo trovare nello spazio. In una parola, una visione meno fredda. Ancora c’è da lavorare molto, ma siamo qui anche per questo.


Elisabetta Bracci

Foto di Elisabetta Bracci, Founder di JUMP Facility.
Lettrice seriale appassionata di filosofia del digitale e nuove tecnologie. Mi piace rendere smart i servizi e gli edifici, creando contaminazioni tra mondo fisico e digitale. Lavoro su idee innovative in giro per l'Italia e le condivido a convegni ed eventi, perché progettare e raccontare un futuro human-centered con gli attori della trasformazione digitale è il primo passo per crearlo.
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